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Pochissima felicità?, Madre, hai avuto / e sempre l'affanno di doverci togliere la fame / e per farlo, lavori che solo te / in soma sorridendo / e per farlo, giorni che solo te / in alba sorridendo. Tantissima felicità?, Madre, hai dato / a noi che amandoti ti abbiamo ammazzato / e nel farlo, nessuno di noi sorridendo / e nel darsi, solo tu sorridendo. Trentasei canti compongono il poema che Guido Celli scrive per ri-significare a distanza di anni l'esperienza della propria vita familiare e in particolare la relazione con sua madre. Strettamente legato a "Era solo un ragazzo", nel quale l'autore racconta il corpo a corpo tragico tra un figlio bambino e un padre ragazzo, in questo poema egli riguarda la propria relazione con la madre e con il materno in senso anche simbolico, e ce lo mostra come l'altro lembo di una stessa ferita che il tempo ha cicatrizzato imprimendo al corpo-figlio un modo doloroso di stare nell'esperienza dell'amore e tra le parole che l'adornano.